Taralli di Venafro o v’scuott

Taralli di Venafro o  v’scuott

Nuovo appuntamento mensile con l’Italia nel Piatto. Questa volta  si parla del Piatto degli Sposi, ovvero delle antiche usanze culinarie legate alle nozze  in giro per l’Italia. Secondo me  è un argomento veramente interessante. Naturalmente alcune di queste tradizioni si sono perse nel tempo o alcuni piatti sono ora  preparati non più nel banchetto nuziale ma nei giorni di gran festa come le festività natalizie e pasquali.

Non essendo molisana, come sapete, ho fatto qualche ricerca al riguardo, scoprendo che per esempio nella zona di Agnone il matrimonio tradizionale  iniziava’ con un abbondante antipasto di prosciutto e soppressate, che i commensali consumano allegramente, mentre al cune donne preparano zuppiere fumanti colme di brodo di galli­na, in cui galleggiano dadi di pane tostato e fritto, polpet­tine, scamorze e pezzetti del saporito caciocavallo agnonese la zuppa alla santè. Vengono poi le galline lesse, se ne cucinano fino a sessanta, in grosse caldaie di rame. Ma fin qui il pranzo può dirsi appena cominciato; infatti dopo una breve sosta ecco la pasta asciutta, i bucatini e poi carne a non finire, cucinata in varie maniere. É superfluo dire che, se molto si mangia, ancor più si beve ed alla fine del pranzo parecchi convitati hanno bisogno di essere riaccompagnati a casa, se non si vuole che smaltiscano la sbornia su un marciapiedi. Il pranzo termina con l’offerta dei dolci; prima però uno dei convitati, quasi sempre un parente dello sposo, gira intorno alla tavola, reggendo un grosso vassoio, per raccogliere i doni offerti dai presenti’ (1)

Un po’ difficile da riproporre no?

E allora spulciando ancora un po’ mi sono imbattuta in questi v’scuott , taralli di Venafro, una sorta di ciambelline intrecciate, nate  nel nel XVIII secolo per riutilizzare l’impasto del pane avanzato, che  un tempo si consumavano  in occasione di eventi importanti, quali battesimi, feste,matrimoni appunto e ne erano talmente connotativi  che tuttora è in voga l’espressione” Quand c’magnamm st’v’scuott?”(Quando mangeremo  questi biscotti?) per sapere quando l’interlocutore ha intenzione di sposarsi.

Nei matrimoni inoltre  in segno di augurio e di abbondanza si lanciavano dai balconi della casa della sposa con confetti e monete.

Oggi, data la loro bontà e versatilità (io ci ho fatto colazione stamattina con una bella tazza di tè)  i v’scuott sono una presenza costante  sulla tavole dei venafrani e si sono arricchiti con l’aggiunta dei semi di finocchio (che è la versione che vi propongo) non previsti nella ricetta iniziale.

I taralli di Venafro sono irresistibili, una vera tentazione.

v'scuott

 

Ingredienti per circa 20 taralli di Venafro

650 grammi di farina tipo 0
250 ml di acqua
10 g di lievito di birra (da me ridotto a 7-8 g)
15 grammi di sale
150 ml circa di olio extravergine di oliva (meglio se di Venafro)
 un pugnetto di semi  di finocchietto ( circa 2 cucchiai)
Sciogliete il lievito di birra nell’acqua tiepida. Versate metà della farina in una capace ciotola, aggiungete il lievito e mescolate fino ad ottenere un composto piuttosto grumoso .
Fatelo lievitare coperto  da un telo per qualche ora (in inverno, si può preparare anche 12 ore prima).
Trascorso il tempo necessario, versate la restante farina sulla spianatoia, fate la fontana e aggiungete il composto lievitato, l’olio, il sale e i semi di finocchietto selvatico. Incorporate tutti gli ingredienti e lavorate il composto fin quando non sarà liscio ed elastico. Lasciate riposare una mezzora.
Ritagliate dei pezzi di impasto e sulla spianatoia formate dei bastoncini lunghi 50m cm rotolandoli  uno per volta Ripiegateli in due, attorcigliateli e formate il tarallo, unendo le due estremitá. Quando tutti i taralli sono pronti poneteli su una teglia ricoperta di carta forno e fateli lievitare coperti .
taralli di Venafro

Quando avranno raggiunto la giusta lievitazione ( per circa 1 ora e 30), mettere portate a bollore l’acqua in una pentola capiente.  Immergetevi  delicatamente i taralli  pochi pezzi alla volta e, appena verranno a galla, scolateli e metteteli ad asciugare su un telo pulito per circa 2/ 3 ore.

Cuocete i taralli  in forno preriscldato a 190° per 40 minuti circa. A metà cottura girarli sottosopra e abbassare a 180°: Devono essere  dorati, croccanti ed asciutti internamente. eventualmente abbassate la temperatura e prolungate la cottura
Sfornarli e farli raffreddare bene. Si possono conservare a lungo in scatole di latta.

Curiosi di conoscere le tradizioni delle altre regioni? Eccovi accontentati.

Piemonte:
Liguria:
Trentino:
Emilia Romagna: Zuccherini montanari
Toscana: Ginestrata
Abruzzo:
Molise:
Basilicata:
Sardegna: Bianchittos

 

 



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